giovedì 7 gennaio 2016

Chiamatelo Furio



“Tu mi adori Magda? Allora lo vedi che la cosa è reciproca?”. Alzi la mano chi non ha mai ripetuto questa frase, una delle più celebri del cinema italiano degli ultimi 30 anni, almeno una volta, per ridere o sorridere. E’ quasi inutile ricordare che a pronunciarla è il mitico Furio, indimenticabile personaggio, insieme alla moglie Magda, di “Bianco, rosso e Verdone”. Pedante, noiosissimo, maniacale e ossessivo: un uomo che nessuna vorrebbe avere vicino. Eppure credo che un Furio dorma e spesso purtroppo si risvegli  in molti uomini.
Alle romantiche sedicenni di ritorno, può sembrare fuori luogo parlare di uomini tanto pesanti e insopportabili, ma un pizzico di acido in tanta melassa, magari ci sta bene. Perché i Furio sono fra noi. Chiunque ne conosce almeno uno: sono quelli che pretendono di controllare tutto, dalla lista della spesa al grado di cottura della pasta, al modo di vestirsi e di guidare della moglie. Nel film, Furio si occupa persino della sistemazione delle valigie in macchina, in una delle scene più divertenti, attento a bilanciarne il peso con quello dei bambini. Bambini schiacciati da una personalità tanto ossessiva e invadente.
I Furio sono quelli che se la macchina fa un lieve rumore incomprensibile si precipitano dal meccanico, che corrono dal medico se hanno un momentaneo giramento di testa, che se hanno una febbre a 37 si buttano a letto e pensano di essere in punto di morte, pretendendo minestrine e presenza. Quelli che se devono prendere un treno si presentano in stazione o un’ora prima, costringendo magari l’intera famiglia ad attese inutili e snervanti, perché “non si sa mai, potrebbe succedere qualcosa, un incidente sulla strada che può bloccare tutto, un imprevisto”. Ecco gli imprevisti: i Furio li odiano e vorrebbero cancellarli dallo loro vita e soffrono perché è impossibile. Non sanno che sono proprio gli imprevisti, le sorprese che ogni tanto la vita fa che possono renderla emozionante. Le emozioni per i Furio sono deleterie e si preoccupano di anestetizzarle e ucciderle come farfalle da appendere al muro.
E le povere Magde? Si riconoscono dall’aria triste e rassegnata con cui annuiscono alle raccomandazioni e ai “consigli” del Furio di turno, come l’infelice moglie del film, che suscita inevitabilmente la comprensione e la compassione  del pubblico. E infatti quando lei alla fine, dopo molti tentennamenti e tentativi di resistenza, scappa con il playboy Raoul bello e dannato conosciuto in autostrada, mollando in un colpo solo, Furio, le sue manie e anche i bambini, tirano un sospiro di sollievo. Naturalmente non si è quasi mai Furio in tutto e per tutto, per fortuna i Furio “doc” sono pochi, ma un po’ lui, come dicevo prima, c’è in molti uomini, mi verrebbe da dire tutti, ma non lo faccio perché qualche raro esemplare di maschio esente dalla sindrome di Furio esiste, menomale.
Poveri Furio, in fondo non è colpa loro, o almeno non tutta. Sono divorati dall’ansia, ossessivi perché incapaci di gestire la loro vita e il quotidiano e la vita in genere, terrorizzati dall’idea di perdere il controllo e di smarrirsi nelle loro manie. E forse finiscono davvero per rimanere soli, anche se le loro compagne magari non incontrano un Raoul affascinante e invasivo come quello del film, soprattutto perché di uomini così non ce ne sono in giro poi molti. Ma magari le Magde alla fine sorridono e dicono sì, ma fanno di testa loro, non si fanno schiacciare, e vincono loro.

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