domenica 13 dicembre 2015

Qualcuno chieda perdono a Luigino D'Angelo



Sul suo computer la lettera in cui motivava il suo ultimo gesto.

L’ultimo gesto è venuto dopo una serie di rimostranze e richieste di aiuto inascoltate. Quattro giorni per salvare la propria vita, quella della sua famiglia. O non gli rispondevano o gli rispondevano che non si poteva fare niente, che avrebbe perso tutti i suoi soldi.

Luigino D’Angelo, aveva 68 anni.

Quel che non gli è riuscito di sapere è come riavere almeno in parte i suoi soldi. Come lui tanti altri, centinaia, migliaia.

Hanno salvato la sua banca, ma non hanno salvato lui. Ma non salveranno loro.

Il premier dice di Luigino, di quelli come Luigino, che non sono stati truffati. Perché hanno consapevolmente acquistato prodotti ad alto rischio. E penso che ci voglia coraggio e cattiveria per dire questo che a metterla per terra ci viene fuori una montagna che arriva al cielo. Una montagna di escrementi.

Nel frattempo nessuno dei dirigenti della banca risulta indagato, nemmeno Pier Luigi Boschi, che di Banca Etruria è stato vicepresidente, già multato da Bankitalia nel novembre 2014 per: “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza”.

In tanti sapevano dello stato di malattia di questa banca (così come di tante altre), anche il padre e il fratello di Maria Elena Boschi. Avevano provato tempo fa a dare una mano con il cosiddetto “investment compact”.  Avevano fatto di tutto.

Ed eccoci qui: con un decreto che salva una banca ma annienta una, dieci, cento vite. Tutto fatto in silenzio.

Di nascosto. Come i ladri. O gli assassini.

E questa cosa tocca anche me, noi. Perché Luigino potevo essere io, mio padre o mio nonno








Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.