Ma dov'è la
mia Chiesa?
La cerco in
quei banchi vuoti con l'innocenza di un bambino.
La cerco nelle omelie della domenica mattina che da bambina mi costringevano ad ascoltare, nell'esempio cristiano fin troppo diligente di mia madre, nella indimenticabile ferrea educazione cattolica di mia nonna, nell'integerrima osservanza monacale dei doveri spirituali scolpiti nella memoria scolastica.
La cerco nelle omelie della domenica mattina che da bambina mi costringevano ad ascoltare, nell'esempio cristiano fin troppo diligente di mia madre, nella indimenticabile ferrea educazione cattolica di mia nonna, nell'integerrima osservanza monacale dei doveri spirituali scolpiti nella memoria scolastica.
La cerco
perché non riesco più a riconoscerla su questa terra.
Mi
sento vuota. E non è un vuoto qualunque, è lo stesso vuoto che si prova nel
momento in cui si viene svuotati del proprio contenuto, come un sacco di
lucciole che scappano dal barattolo di un bambino dopo averle racchiuse con la
stessa difficoltà con cui le aveva ottenute. La facilità con cui le ho perse
sono inversamente proporzionali.
Mi sento
spenta come una lampadina che ormai è consumata, fragile in
questo spaccato di esistenza, mi sento come se avessi capito tutto o niente.
Allora, cerco Dio e lo ritrovo tra
le pagine di quel libricino del Catechismo che ci insegnava che Dio è in cielo,
in terra e in ogni luogo. Come qualcosa di infinito, che non ha estensione, e
se non ha estensione è così immenso da non poter essere racchiuso in una sola
parola.
Dio è in me,
in te, in ognuno di noi. Nei nostri gesti, nelle azioni che compiamo. Perché il
profitto è prerogativa dei potenti della terra. Solo gli umili sono e
rimarranno tali ... in cielo, in terra e in ogni luogo.
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