L'autodidatta resta italiano dentro, e forse, un po' come
molti di noi, essendo figlio di gente umile, ha paura di sentirsi dire o
sottintendere “Lei non ha titolo per parlare!”. L'italiano è anche
questo, con i suoi pregi e i suoi difetti, con la capacità di farsi da solo e
di conquistarsi un posto ai tavoli importanti, ma con la debolezza di temere
di compromettere la propria autorevolezza per la mancanza proletaria di un
titolo. Molti ancora pensano che non puoi dire di essere autodidatta in
Italia senza correre il rischio di venire schiaffeggiato da pergamene di
diplomi vari! L'eterna guerra tra forma e sostanza, tra titolo e reale
merito...
In un paese
dove gli “Avv. Dott. Ing. Geom. Rag. Mega direttore galattico” che si
sprecano nelle firme e talvolta addirittura negli indirizzi email, dove a
volte i titoli sono in grande e i nomi delle persone sono in piccolo, abbiamo
ancora il coraggio di stupirci?
L'autodidatta può essere in grado di dibattere di
economia, e di contribuire a stendere un dettagliato programma economico,
anche al cospetto di “titolati” amici e colleghi, professori e mega esperti,
con cui non solo può parlare da pari a pari allo stesso tavolo, ma che addirittura lo scelgono come loro leader. Il suo master lo conquista sul campo. Il merito prevale sul fantasma del titolo, la sostanza sulla forma. Proprio
quello che tutti, in principio, enunciano dovrebbe essere, proprio quello a
cui agognano tanti giovani italiani.
L'autodidatta dimostra, attraverso questa gogna puritana, il contrario di quello che
vorrebbe dimostrare: il fatto che in Italia si guarda più al titolo che al
merito, oppure al titolo, a prescindere dal merito. Questo moralismo ad personam non avrebbe mai reso l'Italia quello che è, con tutti i suoi
difetti, la vera patria del mercato, il luogo dove sono nati il commercio
moderno, le banche e le attività finanziare, il Rinascimento e l'Umanesimo.
La storia è piena di autodidatti che hanno cambiato
il mondo, tra loro ci sono diversi Presidenti degli
Stati Uniti, tra cui George Washington, Abraham Lincoln e Harry
Truman. Italiani di tutte le epoche come Leonardo da Vinci, Galileo,
Guglielmo Marconi. Industriali e imprenditori di ieri e di oggi come Henry
Ford, Kevin Kelly (fondatore della rivista Wired), Bill Gates,
Steve Jobs (think different!), Larry Ellison. Scrittori come Ernest
Hemingway, Jorge Luis Borges, José Saramago, Herman
Melville, George Bernard Shaw, Charles
Dickens, Hans Christian Andersen, Jane Austen, Leo
Tolstoy ; registi come Steven Spielberg;
cantanti come Frank Zappa, David Bowie, i Beatles;
inventori come James Watt, Thomas Alva Edison e Nikola Tesla: architetti come Le
Corbusier; personaggi vari come Benjamin Franklin, Ralph Lauren,
Walt Disney, Woody Allen e John Major . Lo stesso Richard
Grasso, CEO, cioè amministratore delegato della borsa di New York, la più
importante borsa valori del mondo non finì mai gli studi.
Insomma, in un Paese dove tutti bramano titoli,
qualsiasi sia il titolo,dove metà dei politici viene chiamato Presidente di
qualcosa e dove in realtà da varie ricerche emerge esserci un gran numero di
analfabeti e un grandissimo numero di analfabeti di ritorno, questo non titolo potrebbe paradossalmente rivelarsi per un punto di forza
sorprendente e inaspettato. Ben altri sono gli scheletri e gli interi
cimiteri celati dentro gli armadi della classe dominante italiana che prima
di dimostrare cosa sa fare, srotola i titoli per mettere le mani avanti sui
nostri destini.
Spesso le buone idee sono state addirittura
“scippate” ai loro ideatori, da chi aveva titoli formali e potere per farle
proprie. In questi anni l'autodidatta le sue medaglie le ha
conquistate sul campo, parlando la stessa lingua dei suoi amici
accademici, i quali, d'altro canto, mancano del tutto o in parte della medaglia
carisma, il cui Ph è molto difficile da ottenere.
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mercoledì 30 dicembre 2015
Gli autodidatti che hanno cambiato il mondo
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