Certe cose non dovrebbero mai succedere, invece
accadono. La mia attenzione è ferma su quel numero di morti che da venerdì sera
non ha smesso di salire per diverse ore. Uno, due, tre, venti, trenta,
quaranta, cinquanta, centoventinove. Un venerdì sera qualunque, così almeno
doveva essere. Un venerdì sera trasformato in un tappeto umano di corpi senza
vita sotto un palco; una scia di sangue e di proiettili in un pub tra un
boccale di birra e l’altro. Una città che tutti collegano all’amore e al
romanticismo ad un tratto piena di odio e di devastazione. Il caos vero. La
paura vera. La televisione ha trasmesso per un intero weekend notizie su stati
di allerta e su video inediti dei massacri parigini. Come se servisse qualcosa
mandare in onda venti volte lo stesso video come se dovessimo contare e ricontare
per renderci conto che oltre alla crisi economica ci sono problemi più grandi.
Ci sono problemi che non sappiamo gestire e ci portano via persone attentato
dopo attentato. Inutile fingere che questo mondo non faccia paura, ma è
altrettanto inutile chiudersi in casa. Hanno voluto colpire la nostra
quotidianità, le nostre abitudini.
Vogliono farci paura e sì, ho paura ma non per questo
smetterò di vivere la mia vita.
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