sabato 18 luglio 2015

E siamo tutti lì ...



E siamo tutti lì, aggrappati ad una zattera senza identità che naviga in un mare in tempesta, aspettando che qualcuno ci salvi mentre anneghiamo nel mare dell’indifferenza di uno Stato che vede barconi e non trafficanti di uomini, che vede profughi e ne ignora i clandestini, che concede nuove identità a persone senza identità. E siamo tutti lì, con le nostre storie appese ad un filo, ma le nostre storie vittime di una guerra senza nome  non appartengono al nostro Stato, perché  lo Stato ci ignora. E intanto quel mare diventa un oceano di lacrime  dove le  zattere non possono più navigare, e come relitti ogni giorno perdiamo una parola, ogni giorno muoiamo nei pensieri annegando nella solitudine di un Stato afono. E quelle zattere non diventeranno mai vascelli su cui salpare e non vedremo mai rive su cui approdare, perché le nostre vite non hanno prezzo, non appartengono a nessuno. E continuiamo ad affondare con quelle zattere invisibili negli abissi della disperazione, su quei fondali senza corone di alloro. Un giorno siamo la madre che si getta da un balcone, un altro siamo il pensionato che si attacca al tubo del gas, un altro siamo il disoccupato disperato che si aggrappa ad un traliccio nell’ultimo gesto estremo, un altro siamo l’artigiano che vede spegnersi giorno dopo giorno davanti a un palazzo chiamato Equitalia, un altro siamo l’imprenditore che si impicca a quella corda tesa dallo Stato. E siamo tutti  lì ad attendere che qualcuno salvi la nostra dignità, la dignità di chi ha lavorato per una vita intera e che sulle mani ha calli come impronte digitali. E vorrei funerali di Stato per ognuno di loro, perché loro sono vittime dello Stato caduti nell’adempimento del loro dovere di uomini onesti.

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