domenica 14 febbraio 2016

La rosa bianca del ciclismo

Marco Pantani

Marco Pantani, un eroe che ha fatto della sfida la sua ragione di vita, fino a sacrificare se stesso in nome di una passione impastata dalle mani della divinità. E ciò che è toccato dal Dio, commuove, emoziona, fa piangere.
Marco Pantani, l’indomito re delle montagne, esaltato per la sua grandezza, mentre nello stesso tempo consumava il suo umano dramma. Una tragedia, perché quando il “Pirata”, come tanti tifosi lo chiamavano con affetto, discese nelle fiamme dell’inferno non dei morti, ma dei vivi, bruciando in pochi attimi la sua tormentata anima, pochi restarono vicino a quel rogo. La rosa bianca del ciclismo, simbolo di sofferenza, ma soprattutto di poesia che nasce dal dolore.
Restituite a Marco Pantani non solo l’innocenza, che lo ha reso anche incorruttibile dal veleno a lui propinato dalla malvagità e dall’odio di subdoli, spregevoli nemici. Ridate dignità a un atleta che avevamo applaudito troppo o forse troppo poco mentre era vivo, ma sicuramente troppo poco, quando è morto. Un mondo pieno d’ingiustizia e malvagità, un mondo che aveva, con spietata crudeltà, annientato il volo di un aquila superba, e condannato il Pirata a bruciare, fasciato dalla bandana donatagli della madre, sul rogo delle streghe, dove i carnefici che avevano appiccato il fuoco erano l’umiliazione, l’ingiustizia e la frode.
Mentre rivedo scorrere i titoli di coda della sua vita, di una storia colma d’ebbrezza, di colori giallo e rosa, di magie, di imprese titaniche, di mantelline donate in vetta a una montagna di ghiaccio per ripararsi dall’assideramento, di gambe fratturate che conducono a un letto di spine, di folle impazzite strette attorno al loro idolo, di come la sfortuna si può accanire, perfino nelle vesti di un gatto nero, contro un’incolpevole, invitta creatura umana, lacerandola non solo con le ferite del corpo, ma anche condannandola alla gogna della calunnia e del disprezzo, vorrei gridare la mia commozione per le immagini esaltanti delle indimenticabili imprese di uno dei più grandi campioni della storia del ciclismo, e la mia gioia perché qualcuno lo aveva tolto dai ceppi per donarlo, immacolato, alla sua onestà.

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