Marco Pantani
Marco Pantani, un eroe che ha fatto della sfida la sua ragione di
vita, fino a sacrificare se stesso in nome di una passione impastata dalle mani
della divinità. E ciò che è toccato dal Dio, commuove, emoziona, fa piangere.
Marco Pantani, l’indomito re delle montagne, esaltato per la
sua grandezza, mentre nello stesso tempo consumava il suo umano dramma. Una
tragedia, perché quando il “Pirata”, come tanti tifosi lo chiamavano con
affetto, discese nelle fiamme dell’inferno non dei morti, ma dei vivi,
bruciando in pochi attimi la sua tormentata anima, pochi restarono vicino a
quel rogo. La rosa bianca del
ciclismo, simbolo di sofferenza, ma soprattutto di poesia che nasce dal dolore.
Restituite a
Marco Pantani non solo l’innocenza, che lo ha reso anche incorruttibile dal
veleno a lui propinato dalla malvagità e dall’odio di subdoli, spregevoli
nemici. Ridate dignità a un atleta che
avevamo applaudito troppo o forse troppo poco mentre era vivo, ma sicuramente
troppo poco, quando è morto. Un mondo pieno d’ingiustizia e malvagità, un mondo che
aveva, con spietata crudeltà, annientato il volo di un aquila superba, e
condannato il Pirata a bruciare, fasciato dalla bandana donatagli della madre,
sul rogo delle streghe, dove i carnefici che avevano appiccato il fuoco erano
l’umiliazione, l’ingiustizia e la frode.
Mentre rivedo scorrere i titoli di coda della sua vita, di una storia colma d’ebbrezza, di colori
giallo e rosa, di magie, di imprese titaniche, di mantelline donate in vetta a
una montagna di ghiaccio per ripararsi dall’assideramento, di gambe fratturate
che conducono a un letto di spine, di folle impazzite strette attorno al loro
idolo, di come la sfortuna si può accanire, perfino nelle vesti di un gatto
nero, contro un’incolpevole, invitta creatura umana, lacerandola non solo con
le ferite del corpo, ma anche condannandola alla gogna della calunnia e del
disprezzo, vorrei gridare la mia commozione per le immagini esaltanti delle
indimenticabili imprese di uno dei più grandi campioni della storia del
ciclismo, e la mia gioia perché qualcuno lo aveva tolto dai ceppi per donarlo,
immacolato, alla sua onestà.
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