I giorni vissuti senza musica sono come una donna che
non si trucca per andare al lavoro. La pelle del viso che si presenta nuda di
fronte alla scrivania, alle incomprensioni con i colleghi, all'insalata
scondita in pausa pranzo. Ho scelto di spegnere la musica perché di questo febbraio non voglio ricordarmi praticamente niente, perché quando vivo con la musica
i giorni sono curati, delineati, ravvivati: mi ricordo, dei giorni con il
volume alzato della musica, ed io ora voglio fare esattamente il contrario.
Nei
giorni vissuti con la musica tutto sembra avere una cornice, una
giustificazione, si riescono a prendere decisioni, ad iniziare percorsi
ascoltando canzoni, a riprendersi la libertà dai propri sbagli. Perché la
musica mette le maiuscole alle circostanze, perpetuando un quotidiano inganno:
non è vero niente invece, nella realtà non esiste una tristezza così netta e
comprensiva e consistente come nei brani di Bosso, per dire, non è vero
niente di tutte quelle maiuscole che ci mettiamo sulle labbra o attorno alle
ciglia nei giorni vissuti con la musica. Non esistono decisioni, prese di
coscienza, quando la musica è spenta, esistiamo soltanto noi, la nostra pelle
illuminata da una lampadina a led di seconda mano, dai fari di un'auto, dallo
schermo di un cellulare, e tutto sembra davvero molto più inerme, sterile,
appuntato in malo modo. Come quando prendiamo note su un taccuino e tempo dopo,
quando tutto è compromesso, andiamo a rileggerle per ricordarci come sarebbe
dovuta andare, e invece non riusciamo nemmeno a distinguere la nostra stessa
calligrafia. Giorni senza musica.
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