giovedì 18 febbraio 2016

Gianluca Danise: vittima 321

 

Si chiamava Gianluca Danise. Un nome che, di per sè, pochi ricordano. Toccò a lui, Il 12 novembre del 2003 ricomporre i corpi dilaniati dei colleghi vittime dell'attentato di Nassiriya. Era in Iraq anche lui, come militare, alla Base Maestrale. Gianluca, incursore dell'Aeronautica Militare, lavorò a 40 gradi all'ombra senza sosta, pur di restituire i resti dei caduti italiani alle loro famiglie. E' morto nel dicembre scorso a 43 anni, in un ospedale di Verona. Ucciso dal cancro causato dall'uranio impoverito. 

"NELLA BARA VOGLIO LA DIVISA" - Gianluca Danise è stato in tante altre missioni all'estero, dall'Afghanistan a Gibuti, al Kosovo. Originario di Napoli, Danise nelle sue ultime volontà ha chiesto di essere posto nel feretro in divisa, "solo con i nastrini", avvolto nella bandiera italiana. Ha destinato le sue medaglie alla moglie Stefania e la sciabola alla figlia Maryam, di un anno.

LA MALATTIA - Danise scopre di essere malato nel 2010, di ritorno dalla sua seconda missione in Afghanistan. La diagnosi parla di tumore alla rinofaringe. Terapie e chemio, il peggio sembra passato. Ma lo scorso anno una nuova ricaduta.  Non c'è più niente da fare, ma è la nascita della figlia a farlo sorridere, nonostante tutto.

LA STRAGE - Danise sarebbe la 321esima vittima dell'uranio impoverito. Numeri che derivano dalle stime dell'Osservatorio. Un paio di giorni fa è morto un altro militare dopo aver contratto la malattia a causa dell'esposizione all'uranio durante le numerose missioni all'estero cui aveva partecipato. Il problema è che stabilire un nesso tra l'insorgere della malattia e l'esposizione all'uranio è difficile. Così come lo è ricevere risarcimenti dalla Difesa.


Lettera a Matteo Renzi

Caro Presidente,

Mi permetta tale confidenza perché oggi in questo periodo di celebrazioni e ricorrenze, leggo del suo viaggio particolare. Leggo che a distanza di anni, fatalità, oggi ricorda l’Afghanistan e i suoi caduti. Lei che trasmette forza a chi come noi e loro hanno subito tante umiliazioni e tante trascuratezze.

Sono Annarita, Presidente, quella madre che non ha mai voluto incontrare, preferendola a una squadra di pallavoliste. Quella madre di cui non ebbe mai una parola di sconforto e conforto. Sono quella madre, Presidente, che l’anno scorso era davanti al suo palco per guardarla da lontano perché solo da lontano potevo guardarla in quella parata militare del 2 giugno che presidio da sempre…fin dai tempi “verdi”.

Perché solo oggi, Lei porge questi Onori? Presidente, quel “sangue” meritava e merita più rispetto, come rispetto meritano le forze dell’ordine e chi è sopravvissuto perdendoli. Il rispetto alle forze armate va tutti i giorni, perché loro sfilano tutti i sacrosanti giorni, rischiando la vita in cambio di non curanza.

Mi sembra che ci stiamo lavando la coscienza laddove possiamo trarne vantaggio.

La mimetica non è un gioco. Non la si può indossare se non la si sa portare. Tutto ciò glielo dice una madre che ha perso un figlio per un dovere dettato dalle Istituzioni italiane e non permetterà che tali Istituzioni traggano profitto – se pur soltanto in termini di visibilità mediatica - da quel Sangue, perché i nostri figli Vivi o Morti non sono un baratto politico.

Vorrei dire al presidente che immaginando di sforzarmi sulle sue benevole intenzioni gli suggerirei prima di fare sermoni sul sacrificio a quei ragazzi, dovrebbe MANGIARE COME LORO, DORMIRE COME LORO, VIAGGIARE COME LORO. Il sacrificio prima di essere decantato va "gustato"... così come il coraggio.

Annarita Lo Mastro



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