sabato 24 ottobre 2015

Strage silenziosa



E’ una delle vicende italiane più vergognose della prima Repubblica, un fatto di assoluta gravità accaduto negli anni ’80 e ’90 e che ha coinvolto un notevole numero di persone. In quel periodo diversi cittadini si ammalarono di epatite o Aids a seguito a trasfusioni di sangue o emoderivati infetti non controllati dal Servizio sanitario nazionale; si parla di circa sessantamila cittadini italiani infettati da trasfusioni di sangue.
Sangue reperito a basso costo, di provenienza illecita e fatto entrare in Italia con il probabile benestare di diverse autorità preposte ai controlli: a seguito di quella sconcertante storia furono in molti a finire sul banco degli imputati in qualità di indagati tra questi anche l'allora direttore del servizio farmaceutico Duilio Poggiolini e il ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, con capi d’accusa vari tra i quali anche epidemia colposa. 


Duilio Poggiolini

I volti di De Lorenzo e Poggiolini, da tempo, sono scomparsi dalle cronache dei giornali. Il primo, in maniera sprezzante, veniva definito, in piena Tangentopoli, Sua Sanità, il secondo il boss della malasanità. Poggiolini,  ancora oggi insignito dell’onorificenza di grande ufficiale, quando venne arrestato e portato nel carcere di Poggioreale era il direttore del servizio farmaceutico del ministero e decideva, in accordo col ministro, il prezzo dei farmaci. A farne le spese i cittadini onesti, le persone malate, inconsapevoli di essere sotto una cupola che tutto controllava con lo scopo di arricchirsi. Poggiolini venne arrestato dopo due settimane di latitanza. I giornali, in quei giorni, erano pieni di cronache sulle mazzette, ma l’attenzione finì tutta su di lui, anche perché gli vennero sequestrate contestualmente quantità di denaro impensabili.  Ma la guardia di finanza il tesoro lo trovò quando andò a perquisire casa Poggiolini: c’erano banconote nascoste all’interno delle poltrone e dei divani. Banconote, ma non solo. Nella cassaforte c’erano lingotti d’oro ed oltre ai lingotti dalla cassaforte saltarono fuori monete antiche, Ecu, medaglie, sterline, rubli, dollari, pesos, fermacarte, accendini, penne, timbri, persino biglietti da visita, tutto esclusivamente d'oro. Oro massiccio.
Carcere, Poggiolini, non ne fece molto. Sette mesi. Poi venne trasferito agli arresti domiciliari. Nonostante i 45 capi d’accusa contestati , sparì l’associazione per delinquere e la sentenza definitiva lo condannò a 4 anni e mezzo. Alla fine ulteriori due anni vennero cancellati dall’indulto, il resto della pena la scontò prestando opera ai servizi sociali. 
 
Francesco De Lorenzo

Decisamente più complessa la figura dell’ex ministro Francesco De Lorenzo, condannato per tangenti in via definitiva a cinque anni di carcere. Andò a consegnarsi e disse: “Mi ritengo un prigioniero politico”. De Lorenzo veniva da una vita accademica di tutto rispetto, studi in Italia e negli Stati Uniti, riconoscimenti internazionali in campo scientifico, ma anche soprannominato il viceré di Napoli: per un decennio almeno fu lui a comandare. Non c’erano sindaci, né assessori. C’era De Lorenzo, che aveva iniziato la sua carriera politica come consigliere comunale. Nella vicenda Mani Pulite entrò in maniera prepotente. Venne arrestato la prima volta con cento capi d’imputazione contestati.Tra lui e Poggiolini stabilirono un singolare record: 145 capi d’imputazione in due. Ma mentre Poggiolini ha ammesso le sue responsabilità, De Lorenzo ha sempre negato ogni addebito, nonostante le condanne definitive. Il “Prigioniero politico” non ha mai abbandonato la scena: prima ha lavorato alla comunità di don Gelmini, poi quando scoprì di essere malato fondò un’associazione di persone colpite dal cancro. Vive a Napoli. Ma da tempo non lo chiamano il viceré. Né sua Sanità.


Ci sono delitti commessi spudoratamente e mai puniti, perché la Giustizia non crea una sua istituzione parallela, che invece punisca i colpevoli appurati.
Chi ha voluto scientemente denunciare la sua condizione e quella di tutti coloro che sono caduti in questa guerra non dichiarata che ha lasciato migliaia di vittime sul campo mettendoci la faccia ha fatto anche a nome nostro una denuncia politica a tutti i politici, politicanti, passati e presenti capaci solo a vendere parole che si perdono sempre al vento. I parenti delle vittime di questa strage di Stato, oltre che il rimpianto per una giustizia terrena che sembra sempre più utopia, provano indignazione,  uno stato d'animo che gli italiani onesti hanno esaurito ormai da troppo tempo.


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