venerdì 14 agosto 2015

"Noli me tangere"



L'ombra di un uomo si manifesta a Montecitorio, attraversa l’emiciclo, raggiunge il banco del governo e apre la giacca  in modo da mostrare la camicia crivellata di colpi, il petto macchiato di sangue. Non dice una parola, fino a quando qualcuno non prova a trattenerlo. «Noli me tangere», risponde Aldo Moro prima di scomparire per l’ultima volta.
Possiamo restituire centralità a una figura come quella di Moro, che rimane inespressa, e quindi incompresa, nella storia d’Italia, rileggendo il suo ultimo discorso. Si riscopre in esso un testo di intensa amarezza, nel quale c’è tutta l’angoscia di un uomo che parla nella consapevolezza di non poter essere compreso. Stava cercando di dire e di fare qualcosa di nuovo, rompendo una sorta di crosta che gravava sulla società italiana. Operazione pericolosa, come si è visto. Mortalmente pericolosa.
L’Italia di oggi si dice essere figlia degli anni Ottanta, il periodo del cosiddetto riflusso. Ma a spazzare via tutto, a produrre il ribaltamento dei valori e il degrado della convivenza è stata semmai la stagione di sangue degli anni Settanta. Quella che ha in Aldo Moro la sua vittima designata. Da oltre trent’anni, infatti, facciamo di tutto per dimenticarla.
La Giustizia è lenta ma inesorabile, si dice, ma qualche volta sembra che la lentezza sconfini nella ricerca storica in cui i colpevoli potrebbero non essere più in grado di inquinare le prove, perchè nel frattempo sono morti, ma forse, noi poveri mortali, sapremo finalmente se avevamo indovinato i loro nomi. 
E nell'interesse comune del Paese non serve liberarsi di questo fantasma, ma restituirgli la verità.


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