Lucia
Borsellino se ne va, con le sue ragioni e con i suoi errori. Una fuga da una
terra che le ha procurato grandi sofferenze e un esilio.
La figlia di Paolo abbandona il campo, andrà in esilio, lontano
da una patria che le ha inflitto immani cicatrici. Scompare all'orizzonte col suo bilancio di ragioni rivendicate nella testimonianza di una sconfitta nell'impegno, di una
'fuga' sofferta, ma necessaria. Perché, come ha ricordato suo fratello
Manfredi : “Non credevo che la figlia più
grande di mio padre, colei con cui viveva in simbiosi e dialogava anche solo
con lo sguardo, dopo ventitré anni dovesse vivere un calvario simile al suo e
nella stessa terra che lo ha elevato suo malgrado eroe”. Eppure è successo, al
termine di una via crucis coronata da opportune dimissioni. Inopportuno era il contesto
che ha reso l'epilogo inevitabile.
Nessuno ha più il
coraggio di alzare la voce. Nessuno trova la forza di ribellarsi. Non ce n'è
uno che levi il suo grido verso uno Stato inerme che
osserva Lucia con la valigia pronta, dopo averne utilizzato
il cognome, spremendola fino all'ultima goccia.
Questa terra non è dei Borsellino: né di Lucia, né di Manfredi, come non è mai stata di Paolo. Ora è solo un palcoscenico per un'amara morale.
Questa terra non è dei Borsellino: né di Lucia, né di Manfredi, come non è mai stata di Paolo. Ora è solo un palcoscenico per un'amara morale.
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