Interrogarsi
sulle proprie scelte è come fare un bilancio di una vita di cui si è percepito
solo la prima essenza dell’esistenza. Avere la consapevolezza del progettare il
proprio futuro è come trovarsi di fronte a due vite parallele che camminano su
un unico binario: scegliere di sopravvivere o di vivere; scegliere se essere
solo complice di un mondo spietato, fatto di carriere, di egoismi e di falsi
perbenismi o se essere il proprio cuore, i propri interessi, la propria mente,
le proprie responsabilità.
Il
progetto è quindi qualcosa di astratto che matura camminando sulle esperienze
personali, sulla capacità di conoscersi fino in fondo, sulle aspirazioni che si
intuiscono, ma che non hanno valore sino a che le circostanze stesse della vita
non le concretizzano.
L’intuizione
improvvisa può soltanto stimolare le capacità che già possediamo interiormente
e inconsciamente, è solo la premessa di un disegno già in embrione.
Decidere
di vivere significa dunque valorizzare ogni istante e avere la giusta percezione
di noi stessi, consapevoli che il futuro a volte è solo un alibi.
Siamo
chiamati ad essere parte integrante di una società che ci riconosce per esserne
palesemente le proprie risorse umane, che ci costruisce falsi idoli per
divenire poi colossi d’argilla, che ci regala illusioni mediatiche in un mondo
dove tutto è ormai virtuale, o che ci scopre potenziali scudi umani da annegare
in pozzi di petrolio.
“Che
senso ha la nostra vita?”
Ha
il senso di non costruire castelli di sabbia, ma solide mura su cui poggiare i
valori in cui ancora crediamo; quello di non affogare i problemi o le
inquietudini nell’alcool o in droghe, perché così si è “grandi”, ma
fortificarci attraverso le esperienze se
pur negative che la vita ci propina; non sentirsi emarginati se non si
possiedono i requisiti richiesti per un prototipo standardizzato dai
mass-media, ma valorizzarci per ciò che siamo con i nostri dubbi, le nostre
inquietudini, le nostre ansie, i nostri timori e le nostre perplessità.
Ci
bombardano di falsi miti costruiti ed etichettati nei laboratori, eroi dopati
di sport e di antagonismo, di miliardi, di truffe che stringono Medaglie fatte
d’illusioni o Coppe vuote come i loro ideali. Eroi, che cadono quando
s’inciampa nell’indifferenza di una società che crea miti e poi li distrugge
nell’animo, come le proprie false passioni.
Siamo
avvinghiati in un ingranaggio dove anche la vita è ormai un reality-show, dove
tutti vorrebbero spiare tutto e non ci rendiamo conto quanto ciò sia
spudoratamente squallido e deviante, è come spiare noi stessi in una
tragicomica farsa del quotidiano.
Voglio
credere che esista ancora qualcuno che creda che la vita è il rispetto delle
coscienze, di coloro che non hanno volto, ma che quotidianamente operano per un
progetto di Vita.
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