Sono in gabbia, non in una gabbia dorata. Una gabbia che non
conosce compromessi, non accetta il male per eludere il bene. Sono in una
gabbia che solo i miei principi, sì i miei principi, i miei valori conoscono.
Quelli che hanno scritto i miei genitori a lettere cubitali. Che hanno fatto
del loro vivere un ragione e non hanno scelto il compromesso per sopravvivere,
ma la lealtà che oggi non riesco ad individuare in alcuno dei miei
interlocutori. Sto scrivendo pigiando i tasti del mio computer con una forza
anomala, superiore, quasi a voler far penetrare ogni lettera dei miei scritti
in ogni ansa del cuore di chi mi ascolta, di chi abbia un cuore pulsante.
Mi sembra di vivere su un pianeta alieno, non può essere
così, non può esistere un mondo parallelo che non abbia sentimenti. Il male che
pervade, che inebria e che incoraggia gli animi dei perfidi, dei diabolici.
Non mi riconosco in questo mondo, in questo schifo di mondo.
Sarò io un’aliena? Sarò io un essere virtuale? Non lo so, non so più chi io
sia. Forse è solo che non mi riconosco in questo ruolo. Il ruolo? Cos’è il ruolo? Nulla, se
non l’esistenza di ogni essere umano che
sceglie di vivere e non di soccombere a questa putrefazione dell’animo. Sì,
perché quando non si hanno più principi, né valori, né stima di se stessi,
siamo già morti , seppelliti dai detriti del contagio dell’interesse fatto
cardine di ogni cosa. E noi … schiavi del consumismo, dell’apparire dell’
immagine stereotipata siamo lusingati, perché ciò che conta è apparire e non
essere. Essere individuo in una società che ci identifica con codici e numeri è
alienante, ed è l’alieno che si nasconde nel prossimo che deve terrorizzarci.
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