martedì 1 settembre 2015

I fiori non possono difendersi



E vorrei che lo Stato, i responsabili morali si siedano su quella veranda di quella casa sulle colline di una cittadina catanese chiamata Palagonia, e vorrei che sappiano scorgere tra il verde del boschetto e l'azzurro tenue di un lembo di mare quelle vittime inermi di un governo latitante, che sappiano dare risposte alla mattanza perpetrata, figlia dell’inefficienza e dell’ignavia, figlia di questi tempi senza dignità. Vorrei che il rimorso si imprima nelle coscienze degli autori come una fotografia in bianco e nero tatuata sulla loro pelle e gli appaia indelebilmente come l’istante del loro addio. Quando penso a questa immagine avverto un senso di impotenza mista a indignazione e cerco di comprenderne il significato. E nella ricerca di dare una spiegazione emergono due sensazioni. Quella negativa d'essere in balia nelle mani di sconosciuti che cercano di soddisfare crudeltà intrinseche nella loro idea di “non cultura”, che vagano in balia di un governo privo  di misure cautelari e colmo di spilli arrugginiti che pungono, infettano come fossero presagi di una resistenza senza difesa. Ma questa sensazione di negatività come vaso comunicante da un atrio all'altro del cuore interagisce con quell’ansia di legalità orfana di mani rassicuranti che ci ignorano nel medesimo istante in cui ci sentiamo figli di un Dio minore e vittime di un’umanità corrotta, insudiciata dall’indifferenza.
Tra le persiane socchiuse un sottile filo di luce dorato si posa sulle mani consumate dagli anni lasciando un pulviscolo che ricorda la polverina di certe fiabe magiche, ma nulla di magico c’è, perché in questa fiaba l'orco cattivo non muore e nemmeno i buoni sopravvivono.  
Vincenzo  e Mercedes ora li accompagna la voce di una canzone che viene da un vecchio giradischi, si confonde con i commenti che riempiono la strada nel pomeriggio di un assolato agosto, colmo di ricordi che svaniscono nella storia inalterata della nostra povera Italia  senza istituzioni, né insegnamenti. Mi inchino di fronte a questi due pensionati barbaramente uccisi dopo una vita di sacrifici in una  terra ormai quasi straniera o meglio irriconoscibile.
E non vorrei false bandiere issate su una terra senza più patrie, ma quel nuovo Francesco che si sedesse su quel balcone assolato accanto alle loro anime e ricordasse all’umanità che i fiori non vanno calpestati, perché i fiori non possono difendersi.

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