L’hai fatta piangere… e parecchio. Piangeva quando ha
scoperto d’esser incinta. Piangeva quando t’ha dato alla luce. Piangeva, quando
t’ha tenuta in braccio per la prima volta. Piangeva di felicità. Piangeva di
paura. Piangeva dalla preoccupazione. Piangeva perché per te sentiva qualcosa
di profondo. Sentiva il tuo dolore e la tua felicità, e lo condivideva con te,
che te ne accorgessi o no.
Avrebbe voluto quell’ultima fetta di torta. Ma quando
si è accorta che la guardavi con quegli occhioni, leccandoti i baffi con la tua
linguetta, non avrebbe mai potuto mangiarla. Sapeva che vedere riempirsi il tuo
stomachino l’avrebbe resa molto più felice.
Le faceva male.
Quando le tiravi i capelli, le faceva male; quando la ghermivi con quelle
unghiette affilate, impossibili da tagliare, le faceva male; quando la
mordicchiavi ciucciando il latte, anche quello le faceva male. Quando scalciavi
nella pancia, le dolevano le costole; le hai allungato lo stomaco per nove
mesi; e quando sei venuta al mondo, hai fatto sì che il suo corpo si contraesse
in preda a un dolore lancinante.
Ha sempre avuto paura. Dall’istante in cui sei stata
concepita, ha fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerti. È
diventata la tua mamma orsa. Era la signora che avrebbe voluto dire di no
quando la ragazzina della porta a fianco le aveva chiesto di tenerti in
braccio, e che poi, avendo acconsentito, riusciva a stento a celare la propria
apprensione, perché dal suo punto di vista nessuno ti avrebbe mai potuto tenere
al sicuro quanto lei. Quando hai mosso i tuoi primi passi il suo cuore ha
mancato un battito. Restava in piedi fino a tardi per accertarsi che tornassi a
casa sana e salva, e si svegliava presto al mattino per vederti andare a
scuola. Ogni volta che inciampavi o incespicavi, ti era vicina; era pronta a
strapparti via a qualsiasi brutto sogno o febbre notturna. Era lì per
assicurarsi che stessi bene.
Sa che non è perfetta. È il peggior critico di se
stessa. Conosce ogni suo difetto, e a volte si odia per questo. Ma quando la
cosa ti riguarda, è ancor più dura con se stessa. Voleva essere la mamma
perfetta, voleva non fare mai niente di sbagliato — ma siccome è umana, ha
fatto degli errori. Per i quali probabilmente sta ancora cercando di
perdonarsi. Desidererebbe con tutto il cuore avere la possibilità di tornare
indietro nel tempo, e fare le cose in maniera diversa, ma non può, per cui sii
gentile con lei, e sappi che ha fatto il meglio che era in grado di fare.
Ti guardava dormire. Certe notti restava sveglia fino
alle tre del mattino, pregando che ti decidessi ad addormentarti. Faticava a
tenere gli occhi aperti mentre ti cantava una ninnananna, e t’implorava: “Ti
scongiuro, dormi”. Poi, quando finalmente t’addormentavi, ti metteva giù, e
tutta la sua stanchezza scompariva per un breve istante, mentre ti si sedeva al
fianco contemplando quel perfetto visino d’angioletto, e provando più amore di
quanto non ritenesse possibile, nonostante le braccia stanche e gli occhi
indolenziti dal sonno.
T’ha scarrozzata per molto più di nove mesi. Ne avevi
bisogno. Perciò l’ha fatto. Imparava a tenerti in braccio mentre faceva le
pulizie; imparava a tenerti in braccio mentre mangiava; imparava a tenerti in
braccio mentre dormiva, perché a volte era l’unica occasione per farlo. Con le
braccia stanche e la schiena dolorante ti teneva comunque in braccio, perché
volevi starle vicina. Ti coccolava, t’amava, ti sbaciucchiava e giocava con te.
Fra le sue braccia ti sentivi al sicuro; ti sentivi felice, fra le sue braccia;
sapevi d’essere amata, fra le sue braccia, per cui ti teneva in braccio, quanto
spesso e quanto a lungo ne avessi bisogno.
Ogni volta che ti vedeva piangere le faceva male al
cuore. Non c’era suono triste quanto quello del tuo pianto, o immagine orribile
quanto quella delle lacrime che ti scendevano giù da quel viso perfetto. Ha
fatto tutto ciò che poteva per impedire che tu piangessi, e quando poi non
riusciva a fermare le tue lacrime, il suo cuore andava in mille pezzi.
Ti metteva al primo posto. Se ne stava a digiuno,
senza una doccia e senza dormire. Trascorreva la propria giornata andando
incontro a tutti i tuoi bisogni, e a fine serata non le restava energia per se
stessa. Ma il giorno dopo si svegliava e lo rifaceva daccapo, perché questa è
la misura di quanto contavi per lei.
Lo rifarebbe daccapo. Essere mamma è uno dei lavori
più difficili che chiunque possa trovarsi a svolgere, e a volte ti porterà al
limite. Piangi, t’addolori, ci provi, fallisci, t’impegni e impari. Ma provi
anche più gioia di quanto non avresti creduto possibile, e più amore di quanto
il tuo cuore sia in grado di contenere. Nonostante tutto il dolore, la
sofferenza, le nottatacce e le alzatacce che hai costretto tua madre a subire,
per te lei rifarebbe tutto daccapo, perché per lei ne vali la pena. Ragion per
cui, la prossima volta che vedi tua mamma, dille grazie; falle sapere che le
vuoi bene. Non se lo sentirà mai ripetere troppo spesso.
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