mercoledì 28 dicembre 2016

La generosità segreta di George Michael

George Michael alla Royal Opera House di Londra
11 maggio 2011


Dopo la notizia della morte del cantante George Michael avvenuta il 25 dicembre, molte persone hanno cominciato a ricordare la sua generosità, raccontando delle molte organizzazioni di beneficenza che aveva sostenuto e delle singole persone che aveva cercato di aiutare nel corso della sua vita. Spesso senza pubblicizzarlo, nel corso della sua carriera Michael ha fatto molte donazioni, ha finanziato iniziative benefiche di vario genere e ha sostenuto cause e persone a cui si era avvicinato per qualche caso della vita. Ad esempio, ha più volte tenuto da parte biglietti dei suoi concerti per il personale del Servizio sanitario nazionale (NHS) del Regno Unito, come forma di ringraziamento per le cure ricevute da sua madre, malata di tumore e morta nel 1997, mentre in più di un’occasione – spesso chiedendo che non venisse detto a nessuno – ha donato soldi a sconosciuti in difficoltà che aveva incontrato per caso.

Tra le organizzazioni a cui Michael ha fatto beneficenza c’è ad esempio Childline, una sorta di Telefono Azzurro britannico, a cui il cantante donò le royalties del suo singolo del 1996 “Jesus to a Child”. Fece una grossa donazione anche al Platinum Trust, un’organizzazione che aiuta le persone con disabilità e i loro famigliari.

Per anni poi Michael finanziò il Terrence Higgins Trust, un’organizzazione che lavora per la prevenzione della diffusione dell’HIV e il sostegno delle persone malate di AIDS; nel 1993, per una complicazione dovuta all’AIDS, morì il compagno di Michael, Anselmo Feleppa. Parte delle royalties di “Don’t Let the Sun Go Down on Me”, il duetto che Michael fece con Elton John nel 1991, furono donate proprio al Terrence Higgins Trust. Altri proventi del singolo – che ebbe gran successo in tutto il mondo – andarono a una casa di cura per malati di AIDS e al Rainbow Trust, un’organizzazione che aiuta le famiglie di bambini con malattie terminali. Michael donò anche i guadagni del singolo degli Wham! “Last Christmas/Everything She Wants”, in questo caso per il soccorso delle persone colpite dalla carestia in Etiopia a cui andarono anche i soldi raccolti dalla vendita di “Do They Know It’s Christmas?”, realizzata dal gruppo benefico Band Aid (della cui formazione originale faceva parte anche Michael) nel 1984. Il singolo vendette più di due milioni di copie nel mondo, con un ricavo di più di 19 milioni di sterline.

Nel corso degli anni Michael ha anche donato del denaro a singole persone che ne avevano bisogno: questi atti di generosità finora ignoti sono quelli che hanno attirato di più l’attenzione delle persone in questi giorni. Il presentatore televisivo Richard Osman ha rivelato che nel 2008 Michael donò a una donna che aveva partecipato al programma a premi Deal or No Deal la somma che le serviva per un trattamento di fecondazione in vitro.

La giornalista e scrittrice Sali Hughes ha raccontato che George Michael diede 5.000 sterline di mancia a una cameriera perché aveva saputo che era una studentessa di infermieristica con un grosso debito. L’attrice Emilyne Mondo invece ha detto di aver fatto volontariato in un rifugio per senzatetto insieme a Michael, che le aveva chiesto di non parlarne in giro.

George Michael ha anche partecipato più volte a campagne di beneficenza organizzate da personaggi famosi britannici. Nel 2006 donò 50mila sterline (quasi 59mila euro) a Sport Relief, un evento biennale in cui persone famose del mondo dello sport e dello spettacolo mettono insieme dei fondi per aiutare persone a rischio povertà nel Regno Unito e nei paesi più poveri.

Pausa di riflessione


Il mio cuore è di cristallo.
Si raccomanda agitare con cautela.

Ettorina

mercoledì 14 dicembre 2016

Io sono...Wondy


Come ci si sente quando muore uno dei nostri Supereroi? ........Uno che ha battuto il tuo stesso sentiero?....Heidi non muore...Kendy Kendy non muore.....Zagor non muore...Jeeg Robot d'acciaio non muore......perché sono soggetti della fantasia, soggetti dei cartoni animati.....Wondy è morta esattamente perché lei non era un personaggio della fantasia, ma era Realtà ! La Nostra ...Dura realtà. ......la malattia contro la vita che si è fatta un baffo del Sorriso beffardo di Wondy Wondy....



A FRANCESCA

Non vi racconterò stupide favolette. Wondy ha perso la battaglia. Perché lei voleva vivere. Francesca amava follemente vivere. Di più: non ho mai conosciuto una persona più attaccata di lei alla vita. Sempre gioiosa, sempre sorridente, sempre ottimista, sempre propositiva, sempre sul pezzo, sempre avanti.

In studio, a casa, c'è il faldone in cui ha raccolto sei anni di referti dellamalattia. Catalogata così: "Tumore franci :-)"

Poco prima di andarsene, tra i sospiri, ha detto a un medico: "Siamo vicini a Natale, se non erro. Se lo goda tanto, lei che può. Io purtroppo sono qui". Però, dopo mezz'ora, mi ha chiesto se il tal primario che tanto le vuole bene avesse dei figli. "Ma perché lo vuoi sapere?" E non scorderò mai quel gesto lento delle mani che roteano e la bocca che si corruccia. "Così... gossip".

Questa era lei. Altruista fino all'estremo. Curiosa con purezza.

Era il mio Harry Potter. La chiamavo così, sul cellulare è ancora registrata con questo nome. Era il 2002, un giorno imprecisato. Entrai in casa e la vidi di spalle, ricurva sui libri, mentre studiava per prendere la seconda laurea. "Sembri Harry Potter!" esclamai. Una somiglianza fisica. Da allora, per me, è Harry.

Wondy, Harry Potter.

Franci. Moglie mia, hai perso la battaglia dunque. Ma hai lasciato tanto. A me due splendidi bambini, al mondo una forza incrollabile, una positività che emanava luce. Sfido chiunque ti abbia conosciuta a raccontarmi una volta in cui ti ha vista o sentita piegata dalla vita.

"Ho avuto una vita piena - mi dicevi in ultimo -. Ho fatto il lavoro che volevo, ho scritto libri, ho avuto una bella famiglia, ho viaggiato in mezzo mondo". Però aggiungevi anche che "certo, è dura accettare tutto questo. Mi spiace un po' non vedere crescere i bambini. Pazienza...". Ma io so che avresti voluto urlare di rabbia, perché tu volevi vivere ancora a lungo.

Hai sorriso. Fino all'ultimo secondo, fino a quando la morfina non ti ha stritolata, hai sorriso quando ti dicevo di chiudere gli occhi e tenermi per mano sulle spiagge di Samara, in Costarica; nelle praterie del Kruger a cercare leoni, tra i coralli delle Perenthian a scovare squali, nelle viuzze della Rocinha a scrutare umanità, nelle cascate giamaicane, nei templi induisti di Bali, nei mercatini di Chiang Mai, tra le casette variopinte del Pelourinho di Salvador, tra le pietre millenarie della via Dolorosa a Gerusalemme, insomma in uno qualsiasi degli infiniti luoghi in cui mi hai portato, sempre in cerca di vita e emozioni.

Mai una piega storta sul tuo volto. Eppure di motivi ne avresti avuti, eccome. Harry, hai vissuto un tale calvario negli ultimi sei anni... Un calvario vero, nascosto a tutti, celato dietro a uno sguardo luminoso e sbarazzino e a una cazzuta voglia di reagire. Non ricordo neppure quante operazioni hai subito, quante menomazioni fisiche, quante violazioni del corpo. Non so quante medicine tu abbia preso, quante infusioni di chemio, quante pastiglie, quanti buchi nelle vene, quante visite. Non ne hai mai fatto pesare mezza. A me, prima di tutto.

Per questo, ti ringrazio.

Non ti è stato risparmiato neppure un briciolo di strazio finale. E quando hai alzato entrambi gli indici delle mani al cielo dicendo "ma perché è così faticoso arrivare lassù?", beh sappi che ti ci avrei portata in braccio.

Sì, è vero, Wondy ha perso la battaglia. Ma ha anche trionfato. Perché il mio Harry ha combattuto il tumore proprio da Wonder Woman. Ora vi svelo una cosa che quasi nessuno sa: tre giorni prima di presentarsi alle 'Invasioni Barbariche' da Daria Bignardi ricevette l'ennesima brutta notizia. Una recidiva, l'ennesima operazione, la radioterapia in vista. Ricordo i consulti nel lettone: che si fa, vado? Non vado? Io le dissi che avrebbe potuto annullare tutto, avrebbero capito. Al solito, fece di testa sua. Andò in tv con un unico obiettivo: 'NON devo piangere, a nome di tutte le donne'. E alla inevitabile domanda "Ma ora come stai?" sfoggiò il solito disarmante sorriso: "Bene, grazie!". Lei sorrideva. Io, solo, a casa davanti alla tv, piangevo. Due giorni dopo, era in sala operatoria. Il consueto rituale con i medici, le solite battute sulla Mont Blanc dell'anestesista, la degenza, il ritorno a casa, le terapie, il nuovo viaggio da programmare...

Da tutta questa sofferenza ha tenuto lontani tutti, il più possibile. A cominciare dai nostri magnifici Angelica e Mattia. La Iena e l'Unno.

Lo so che le persone sono stupite. "Ma stava così bene!". No, non stava bene. Ogni tre settimane in ospedale si sottoponeva a esami del sangue (un buco in vena ogni 20 giorni, con la prospettiva che fosse per tutta la vita) con annessa visita e responso sulla possibile avanzata del tumore (e ogni volta il sospiro di sollievo: "Bene, dai, è fermo, chissà tra 20 giorni"); ogni tre mesi faceva una risonanza ("Sai che c'è gente che quando arriva il mezzo di contrasto nelle vene si fa la pipì addosso? A me non è mai successo, bene dai"); ogni giorno prendeva 4 pastiglie di farmaco sperimentale per tenere sotto controllo le metastasi (fanno 1460 pastiglie l'anno, con la prospettiva che fosse per sempre). Non stava bene. Solo che non lo diceva. Solo che consolava gli altri. Lei.

Più il tumore avanzava, più lei scovava motivi e occasioni per fare feste, organizzare eventi, viaggi, iniziative. "Chissà quanto vivrò ancora, avanti: festeggiamo".

Era, anche, una grandissima rompicoglioni. E questo i suoi migliori amici possono confermarlo al 130%.

Ogni tanto crollava, sì, anche lei. Soprattutto quando l'ultima battaglia la stava per abbattere. "Che destino, ogni volta che faccio una cosa bella, arriva una botta". L'ultima cosa bella era il romanzo "Breve storia di due amiche per sempre".

La vedo all'opposto, Harry. Come ti ho detto, la verità è che nessuno al mondo, nella tua sofferenza, avrebbe avuto la straordinaria forza che hai avuto tu di scrivere due libri, fare viaggi, progettare, sognare. Io non avrei combinato un centesimo di quel che hai fatto tu.

Ricordo il giorno in cui dovevi presentare il tuo ultimo libro, e un'ora prima della presentazione ti ho trovata mentre confabulavi al telefono con qualcuno, entusiasta. Quando hai messo giù, ho scrutato quel lampo malandrino tipico dei tuoi occhi, non ti ho fatto domande ma tu mi hai preceduto: "Stavo raccontando all'editor la trama del mio prossimo romanzo: sarà una figata!" Ho scosso la testa e ti ho lasciato lì: al tuo nuovo sogno.

Ora vai. Mi hai guardato negli occhi, quando eravamo vicini all'ultimo chilometro, e mi hai detto: "Spero solo, almeno, di lasciare in te e nei bambini un bel ricordo".

Lasci qualcosa di più: mi hai semplicemente insegnato come si vive. Non imparerò mai, puoi scommetterci, ma ti prometto che ce la metterò tutta.

Lascio da parte le migliaia di immagini nostre, intime. Tranne una. Domenica 11 dicembre, alle 5, ti ho sognata. Eri serena come non ti vedevo da mesi. Mi parlavi, ci abbracciavamo, io piangevo tanto, tu mi hai ringraziato perché hai potuto parlare con Chiara e Sara. Eri tranquilla, anche se avevi "questo ciuffo matto" nella testa. Poi sei partita per un viaggio tutto tuo, verso chissà dove.

Devo dire di cuore dei grazie, e nel farlo dimenticherò tante persone.

Le amiche e gli amici veri, loro sanno a chi mi rivolgo.

In un Paese vergognosamente anti scientifico, mi inchino alla competenza e alla preziosa umanità scovata all'Ospedale Humanitas: alle infermiere e agli infermieri, o candidi angeli, un immenso grazie! Anche per i sontuosi caffè con la moka, come se li avessi bevuti. Avete pianto con me, non lo dimenticherò mai.

I medici: Andrea, Barbara, Corrado, Cristiana, Francesco, Marco K., Monica, Pietro. Ancora: Marco R., scusa se spesso ti ho trattato da Frate Indovino e non da splendido UomoDottore quale sei; Vittorio, vabbè Vittorio... Zione putativo, ti dirò sempre un 'grazie' in meno di quanti ne meriteresti. Ridi, ti prego.

Infine: Silvia. La Doc. La Scienza. Tu sei stata una delle scoperte più belle della nostra recente vita. Tu e la tua bella famiglia. Hai fatto tantissimissimissimo. Ricordati che mi devi togliere ancora quelle due cose o quella là continua a rompere il cazzo.

E poi, Maria Giovanna. Nel cuore di Franci avevi un palchetto d'onore tutto tuo, con le tue 'pozioni magiche', le tue visioni, le tue parole profonde e precise, i tuoi consigli sempre azzeccati. Per osmosi, sarai sempre anche in me.

Non piangete, medici, non piangete infermieri. E sappiate che se ci fossero anche solo 100 persone come voi in ogni professione, il mondo sarebbe un posto molto migliore.

Non ringrazio chi, senza neppure conoscermi, in un giorno che voglio dimenticare di inizio novembre mi ha detto con freddezza, senza neppure sfiorarmi, che mia moglie sarebbe morta nel giro di un mese, massimo tre, perché lo dicono le statistiche. Mi hai fatto piangere troppo e prima del necessario. Non si fa. Ma spero che migliorerai negli anni.

Ringrazio infine tutti coloro che hanno capito il motivo per cui ho voluto proteggere il mio Harry all'ultima curva. Non potevo fare più nulla, per lei, se non una cosa: preservarne la dignità, proteggerne il silenzio e il sorriso appena un po' incrinato. Se avessi fatto diversamente, esponendola, non me lo sarei perdonato per il resto dei miei giorni. Di più, avrei violato un suo preciso volere. Non si fa, se si ama.

Se avete capito, bene, altrimenti: amen.

Ora vai, Harry. Che la Vita finalmente ti sorrida un po'. Veglia sui tuoi bimbi, sorreggili, guidali.

Vai lassù, faccia da ranocchia. Porta anche Leo, il neo. Ciao, nasino freddo.

Tic-ti-tic. Tic-ti-tic. Le senti, le fedi che si sbaciucchiano?

Prometto di rispettare le tue ultime volontà. Tranne una. Perdonami.

Prometto di prendermi cura dei nostri bambini.

Prometto di portarti sempre con me.

Ti chiedo un ultimo sforzo: da lassù getta sul capo di ognuno di noi una goccia del tuo inesauribile ottimismo. Basterà e avanzerà per capire come si vive sorridendo.

Se poi, tu e Rudy, vorrete buttarci giù anche una goccia di mojito, ci terremo pure quella.

Alla tua. Alla vostra.

Mi vivi dentro.

Tuo, Ale.



  
Ciao Wondy Wondy.
Che la terra ti sia lieve e delicata così come non lo è stata tua sofferenza terrena!!!

venerdì 25 novembre 2016

La Via Femminile



Come vive una donna incatenata?
 
Una donna vive incatenata quando si costringe a essere diversa da quella che vorrebbe essere, per uniformarsi agli altri





Una donna vive incatenata quando investe tutto nella relazione d’amore, dimenticando che quella è solo una parte di se stessa



 
Una donna vive incatenata quando cerca di essere sempre perfetta e vuole scacciare i suoi difetti come se fossero parti da rinnegare 






  
Una donna vive incatenata quando nega a se stessa il richiamo delle sue passioni e impila le sue giornate come se fossero tutte uguali




Una donna vive incatenata quando si costringe a essere disponibile per tutti, pensando che sia l’unica cosa giusta da fare




Una donna vive incatenata quando si chiede troppo spesso “Cosa penseranno di me” senza buttarsi alle spalle i giudizi degli altri





Una donna vive incatenata quando fa l’amore lontana dalle sue pulsioni profonde e si costringe ai cliché precostituiti




Una donna vive incatenata quando smette di ridere, ballare e saltare e si costringe a essere sempre seria e compita




Una donna vive incatenata quando è troppo rigorosa e non osa mai andare nella follia




Una donna vive incatenata quando smette di ascoltare la sua verità interiore pensando che sia sbagliata




Una donna vive incatenata quando è lontana dalla sua anima, dal suo caldo abbraccio che ogni giorno le porta calore e forza... 




venerdì 21 ottobre 2016

Segreto di Stato

 Ilaria Alpi

La mamma di Ilaria Alpi: "Contenta per Hassan ma angosciata: presi in giro da 23 anni"
"Sono felice per Hashi Omar Hassan, finalmente assolto e libero. Ma sono depressa perché perché 23 anni sono passati per niente: dobbiamo ricominciare da capo. Depistaggi e bugie: se non ci hanno dato giustizia finora, non ce la danno più. Mi sono battuta per la verità sulla morte di mia figlia, ma ora non so se ho la forza di continuare". Così Luciana, la madre di Ilaria Alpi, commenta l'assoluzione di Hashi Omar Hassan, unico condannato per gli omicidi della giornalista e dell'operatore Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994.

Luciana Alpi

martedì 18 ottobre 2016

Le stanze di Bob

menestrello senza tempo.
menestrello senza tempo.
menestrello senza tempo.
Menestrello senza tempo


il compositore,il paroliere,e lo strumentista.
Il compositore, il paroliere e lo strumentista


Blowin' in the wind
"Blowin' in the wind"


La letteratura non è solo poesia-prosa- teatro


Il menestrello di Duluth


Testi "assoluti"



Harmony

Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan, il boato in sala

Bob Dylan


Il Nobel per la Letteratura 2016 è andato a Bob Dylan per aver "creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana". Lo ha comunicato il Comitato dei Nobel a Stoccolma. L'annuncio è stato accolto dal boato dei presenti in sala. Che l'hanno saputo prima del vincitore. 



Bob Dylan

Dylan ha conquistato il Nobel a vent'anni esatti dalla sua prima candidatura, è il primo americano dai tempi della scrittrice Toni Morrison nel 1993, e il suo nome da oggi s'inserisce tra quelli di Saul Bellow, John Steinbeck e Ernest Hemingway.
Fu il professore Gordon Ball, docente di letteratura dell'Università della Virginia, a indicare Dylan all'Accademia Reale Svedese come meritevole del premio nel settembre 1996. A quella prima candidatura se ne aggiunsero poi altre da studiosi americani di importanti università Usa, ottenendo anche l'appoggio del poeta Allen Ginsberg.
All'epoca Ball spiegò che Dylan era stato proposto "per l'influenza che le sue canzoni e le sue liriche hanno avuto in tutto il mondo, elevando la musica a forma poetica contemporanea". Dai primi anni 2000 il nome di Dylan è stato fatto più volte come possibile candidato, dodici anni fa il suo nome spaccò la giuria dei diciotto membri a vita dell'antica istituzione di Stoccolma. Quello per la letteratura è l'ultimo dei Nobel ad essere annunciato quest'anno. I sei premi saranno consegnati il 10 dicembre, anniversario della morte del fondatore Alfred Nobel, avvenuta nel 1896. 

Bob Dylan


Dylan la storia della musica l'ha plasmata davvero e con scelte sorprendenti, partendo dal folk al quale ancora tutti danno il suo volto giovane con l'armonica tra le labbra e i capelli spettinati, per virare poi di colpo, con un'imprevedibile svolta elettrica negli anni '60, fino alla conversione al credo dei Cristiani rinati o al recente approdo agli spot pubblicitari, Victoria's Secret compreso. Un ribelle che non ama salutare, e menestrello resta la definizione più stridente per descriverlo. Dylan viene criticato, resta amato e il pubblico paziente di fronte al genio è andato in massa anche alla sua recente performance al Desert trip di Coachella, California, dove ovviamente ha di nuovo stravolto il suo repertorio. È salito sul palco senza salutare, è sceso nello stesso modo, dando le spalle. Facendo spallucce. Un festival importante, dove c'erano anche Rolling Stones, Paul McCartney, Neil Young.


Bob Dylan


Resta un gigante della cultura degli ultimi cinquant'anni. Come ha detto Bruce Springsteen nel discorso a gennaio 1988, alla cerimonia di inclusione nella Rock and Roll Hall of Fame: "Bob ha liberato le nostre menti nello stesso modo in cui Elvis ha liberato il nostro corpo. Ci ha dimostrato che il fatto che questa musica abbia una natura essenzialmente fisica non significa che sia contro l'intelletto".


sabato 15 ottobre 2016

Dario Fo, il Maestro

Dario Fo
 
Cosa aspettiamo a batterti le mani?
Il mio breve saluto al Maestro Dario Fo.
Caro Maestro,
ecco la tua ultima serata a Teatro.
Stanotte, le porte di questo Grande Teatro si chiuderanno e Tu resterai lì, Tu, solo, nel silenzio del tuo ultimo respiro già spirato, nel silenzio di un palcoscenico di Teatro che, ancora una volta, si accorderà con te in un unico ed eterno dialogo di silenzio con queste mura, che son state una delle tue case, che hai onorato e ti hanno onorato.
E ancora una volta, ci lascerai, più che mai, senza respiro, in questa unica e irrepetibile pièce.
E’ questa
ancora
una tua Prima,
in Mondo Visione,
in Mondo Emozione.
Cosa aspettiamo a batterti le mani…?

Franca Rame e Dario Fo

venerdì 14 ottobre 2016

Caramelle


Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo rispetto a quanto ho vissuto finora...
Mi sento come quella bimba a cui regalano un sacchetto di caramelle: le prime le mangia felice e in fretta, ma, quando si accorge che gliene rimangono poche, comincia a gustarle profondamente.
Non ho tempo per sopportare persone assurde.
Non ho tempo da perdere per sciocchezze.
Non ho tempo per “EGO” gonfiati.
Non ho tempo per i manipolatori e gli arrivisti.
Non ho tempo per gli invidiosi che cercano di discreditare i più capaci per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati.
Detesto, e ne sono testimone, gli effetti che genera la lotta per un incarico importante.
Non ho tempo per le persone che non discutono sui contenuti, ma solo sui títoli...
Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali.
E con così poche caramelle nel sacchetto...adesso voglio vivere tra gli esseri umani, tra le persone sensibili.
Gente che sappia amare e ironizzare sulla propria ingenuità e sui propri errori.
Gente che non si vanti dei propri lussi e delle proprie ricchezze.
Gente che non si consideri eletta anzitempo.
Gente che non sfugga alle propri responsabilità.
Gente sincera che difenda la dignità umana, con gente che desideri solo vivere con onestà e rettitudine.
Perché solo l’essenziale é ciò che fa sì che la vita valga la pena viverla.
Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle altre persone.

lunedì 10 ottobre 2016

Belle storie di autonomia



Francesco ha preso la patente, Andrea è stato assunto a tempo indeterminato in un Café, Elena e Spartaco hanno coronato il loro sogno di vivere insieme, Fabio è stato assunto in un’azienda. Traguardi che per molte persone possono sembrare normalissimi ma che fino a non molto tempo fa per alcune erano solo un miraggio.

La Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, che ricorre il 9 ottobre, è dedicata a tutti questi ragazzi che, grazie al supporto delle famiglie e delle comunità nelle quali vivono, riescono a realizzare una personale dimensione di autonomia, ciascuno secondo le proprie possibilità.

Sul tema dell’inclusione delle persone con sindrome di Down il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down) aveva incentrato la campagna e il corto “Tu come mi vedi?”, con protagoniste l’attrice statunitense Olivia Wilde e AnnaRose. Un video diffuso per contribuire ad un cambiamento culturale, ovvero percepire la disabilità come una delle sfaccettature della diversità, volgendo lo sguardo oltre gli stereotipi.

E’ lo stesso CoorDown a raccogliere e raccontare le storie di alcuni ragazzi che si stanno impegnando al massimo per la propria autonomia. Come Francesco, 21enne di Brugnera (Pordenone, Friuli Venezia Giulia) che la scorsa estate si è diplomato all’Ipssar di Vittorio Veneto con il voto 82/100 nella sezione enogastronomia e ha da poco superato l’esame per il conseguimento della patente B. Francesco, nato con una forma a mosaico di sindrome di Down, oltre alla cucina ha una grande passione per la ginnastica artistica acrobatica che pratica da qualche anno con ottimi risultati.

Un’altra bella storia che arriva da Pordenone è quella di Elena e Spartaco: dopo un lungo e graduale percorso verso l’autonomia sono riusciti a coronare il loro sogno di vivere insieme. Sono stati tra i primi a seguire il progetto di vita indipendente “Casa al Sole”, avviato nel 2001 per volontà di alcuni genitori e gestito dalla Fondazione Down Friuli Venezia Giulia in collaborazione con l’AAS 5 Friuli Occidentale. Anche Riccardo e Matteo sono due ragazzi che da qualche mese vivono da soli in uno degli appartamenti del progetto “Io sogno per me”, gestito dalla Fondazione “Più di un Sogno” di San Giovanni Lupatolo (Verona, Veneto).

Da Firenze arriva un interessante progetto di inclusione lavorativa, nato dalla collaborazione tra l’Associazione Trisomia 21 e l’Unicoop, che coinvolge Andrea, Gragor, Martina, Francesco e Laura. Dopo un periodo di formazione, i ragazzi sono stati assunti a tempo indeterminato al Milleluci Café di Firenze, del quale hanno scelto il nome immaginando un posto pieno di luce ed energia. Sempre a Firenze lavora Sara, assunta nell’Apple Store di piazza della Repubblica grazie alla sua determinazione e ad un percorso di formazione e inserimento dell’Associazione Trisomia 21 Onlus.

Esperienze simili arrivano da Torino, dove Andrea, dopo un corso di formazione organizzato dall’associazione Air Down di Torino è stato assunto a tempo indeterminato da “La Granda -Hamburgeria di Eataly”; Fabio invece ha intrapreso un percorso di formazione professionale e dopo uno stage di 6 mesi è stato assunto dall’azienda Tiger con un contratto part-time a tempo determinato e concrete prospettive di rinnovo; Alberto ha conseguito il diploma di tecnico turistico e ha poi frequentato un corso di 300 ore per addetto alle vendite. Subito dopo è arrivato il tirocinio presso Eataly al termine del quale l’azienda lo ha assunto con contratto a tempo indeterminato. Anche Francesco, che vive a Napoli e ha da poco compiuto 26 anni, ha realizzato il suo desiderio: lavora stabilmente al Veritas, un ristorante gourmet nel cuore della città, poco lontano da Mergellina. Oltre ad apparecchiare e preparare la sala sta seguendo un corso professionale per imparare a fare la pizza che tanto ama.






Spartaco Elena Casa al Sole

Andrea e i ragazzi del Milleluci Café - Firenze

Francesco - Napoli

Francesco - Pordenone

 Alberto Eataly - Torino