Barbiana
Alle elementari lo Stato mi offrì una scuola di seconda
categoria. Cinque classi in un’aula sola. Un quinto della scuola cui avevo
diritto. È il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra
bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini.
Finite le elementari avevo diritto ad altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l’obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c’era ancora scuola media. Andare a Borgo era un’impresa. Chi ci s’era provato aveva speso un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane.
Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecassero soldi: «Mandatelo nel campo. Non è adatto per studiare».
Il babbo non le rispose. Dentro di sè pensava: «Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto».
Finite le elementari avevo diritto ad altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l’obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c’era ancora scuola media. Andare a Borgo era un’impresa. Chi ci s’era provato aveva speso un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane.
Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecassero soldi: «Mandatelo nel campo. Non è adatto per studiare».
Il babbo non le rispose. Dentro di sè pensava: «Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto».
L'ingresso alla cucina della canonica di Barbiana
A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dal prete. Dalla
mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era «negato per gli
studi».
Ma noi eravamo di un altro popolo e lontani. Il babbo stava per arrendersi. Poi seppe che ci andava anche un ragazzo di S. Martino. Allora si fece coraggio e andò a sentire. Quando tornò vidi che m’aveva comprato una pila per la sera, un gavettino per la minestra e gli stivaloni di gomma per la neve.
Il primo giorno mi accompagnò lui. Ci si mise due ore perché ci facevamo strada col pennato e la falce. Poi imparai a farcela in poco più di un’ora. Passavo vicino a due case sole. Coi vetri rotti, abbandonate da poco. A tratti mi mettevo a correre per una vipera o per un pazzo che viveva solo alla Rocca e mi gridava di lontano. Avevo undici anni. Lei sarebbe morta di paura.
Vede? Ognuno ha le sue timidezze. Siamo pari dunque. Ma solo se ognuno sta a casa sua. O se lei avesse bisogno di dar gli esami da noi. Ma lei non ne ha bisogno.
Ma noi eravamo di un altro popolo e lontani. Il babbo stava per arrendersi. Poi seppe che ci andava anche un ragazzo di S. Martino. Allora si fece coraggio e andò a sentire. Quando tornò vidi che m’aveva comprato una pila per la sera, un gavettino per la minestra e gli stivaloni di gomma per la neve.
Il primo giorno mi accompagnò lui. Ci si mise due ore perché ci facevamo strada col pennato e la falce. Poi imparai a farcela in poco più di un’ora. Passavo vicino a due case sole. Coi vetri rotti, abbandonate da poco. A tratti mi mettevo a correre per una vipera o per un pazzo che viveva solo alla Rocca e mi gridava di lontano. Avevo undici anni. Lei sarebbe morta di paura.
Vede? Ognuno ha le sue timidezze. Siamo pari dunque. Ma solo se ognuno sta a casa sua. O se lei avesse bisogno di dar gli esami da noi. Ma lei non ne ha bisogno.
Barbiana, gruppo classe Primi allievi
Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Né
cattedra, né lavagna, né banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva
scuola e si mangiava. D'ogni libro c’era una copia sola. I ragazzi gli si
stringevano sopra. Si faceva fatica a accorgersi che uno era un po’ più grande
e insegnava. Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni. Il più piccolo
dodici e mi riempiva di ammirazione. Decisi fin dal primo giorno che avrei
insegnato anch’io.
La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti. Non c’era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica.
Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perché il lavoro è peggio. Ma ogni borghese che capitava a visitarci faceva una polemica su questo punto.
La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti. Non c’era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica.
Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perché il lavoro è peggio. Ma ogni borghese che capitava a visitarci faceva una polemica su questo punto.
Don Milani e la scuola di Barbiana
Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia all’Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline. Finalmente andò via e Lucio che aveva 36 mucche nella stalla disse: «La scuola sarà sempre meglio della merda».
Questa frase va scolpita sulla porta delle vostre scuole. Milioni di ragazzi contadini son pronti a sottoscriverla. Che i ragazzi odiano la scuola e amano il gioco lo dite voi. Noi contadini non ci avete interrogati. Ma siamo un miliardo e novecento milioni. Sei ragazzi su dieci la pensano esattamente come Lucio. Degli altri quattro non si sa. Tutta la vostra cultura è costruita così. Come se il mondo foste voi. L’anno dopo ero maestro. Cioè lo ero tre mezze giornate la settimana. Insegnavo geografia matematica e francese alla prima media.
Per scorrere un atlante o spiegare le frazioni non occorre la laurea. Se sbagliavo qualcosa poco male. Era un sollievo per i ragazzi. Si cercava insieme. Le ore passavano serene senza paura e senza soggezione. Lei non sa fare scuola come me.
Poi insegnando imparavo tante cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.
Dall’avarizia non ero mica vaccinato. Sotto gli esami avevo voglia di mandare al diavolo i piccoli e studiare per me. Ero un ragazzo come i vostri, ma lassù non lo potevo confessare né agli altri né a me stesso. Mi toccava esser generoso anche quando non ero. A voi vi parrà poco. Ma coi vostri ragazzi fate meno. Non gli chiedete nulla. Li invitate soltanto a farsi strada.
Barbiana – La classe
(Don Lorenzo Milani e i
ragazzi della sua scuola, Lettera a una professoressa, 1967)
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