Ezio Bosso, 15 minuti di emozioni potenti, tutti travolti dalla vitalità di
un musicista affetto da una malattia neurologica degenerativa, che dà una
lezione di musica e di vita. L'intervista con Carlo Conti è stata emozionante
come la sua performance al pianoforte. "La musica è come la vita, si può
fare in un solo modo, insieme", il suo messaggio. E ancora: "noi
uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle. La vita è fatta di dodici
stanze: nell'ultima, che non è l'ultima, perché è quella in cui si cambia,
ricordiamo la prima. Quando nasciamo non la possiamo ricordare, perché non
possiamo ancora ricordare, ma lì la ricordiamo, e siamo pronti a ricominciare e
quindi siamo liberi".
La musica è sempre stata un pezzo della sua vita,
colonna sonora delle gioie e delle sofferenze, delle rinunce e delle
resurrezioni. "La musica è
sogno" dice il liutaio di Daniel Auteuil nel bellissimo Un cuore in
inverno. Ognuno di noi ha sognato di essere parte integrante della sua musica, del suo stesso sogno, ingoiato nell'estasi dolorosa e gigante di
quell'uomo consegnato al buio del corpo e che al buio ha dato luce e musica e
il senso di esistere, per accecare il buio stesso dalla forza dell'amore.
Le sue mani sul piano erano un unguento sulle sue e sulle nostre ferite, ogni tocco le restringeva, ne cauterizzava il solco. Quel suo
sguardo rapito ipnotizzava la fatalità, ibernava il destino, schiacciava la
didattica della malattia. Quello sguardo abbracciava tutti noi, stupidi e
banali, e ci raccontava che la vita non è rassegnazione, ma lotta, anche quando
i muscoli grondano anarchia e terrore, tensione e dolore, e la parola evita il
deragliamento, in un miracolo fonetico ricco di energia e di fascino, tanto che
se adesso ognuno di noi parlasse sembreremmo solo doppiatori del silenzio, così povero e nudo.
Si consegna a questa umana lamentazione ignorando la sua stessa sofferenza come un gigante sorridente e imprendibile, imprevedibile, geniale, quasi innocente nella sua esaltante spontaneità. E lo vedi affacciato sull'abisso avvinghiato tra un abbraccio di note.
"La musica è una vera magia, è la nostra vera
terapia" che libera passione, che lussureggiante giardino
dell'anima. Penso che persino Tolstoj rivedrebbe quel suo: "La musica non
eleva né abbassa l'anima: la esaspera". Quella di Bosso è un'armonia
euforica, redenzione per ogni anima al guinzaglio delle stupidaggini
quotidiane, antidoto alla solitudine, lavaggio delle tante finte
malattie. È un viaggio musicale per diventare padrone del suo dolore, ogni dito
accarezza quella tastiera che lo aspetta paziente e lucida di rispetto.
Ogni tasto potrebbe essere ferita, non lo è. Ogni nota potrebbe essere delirio, invece è di una bellezza straziante. È la volontà che chiede strada, e non si ferma al casello della tristezza.
E guardo il pianoforte, due sospiri oltre il divano, e guardo Ezio Bosso. E penso che aveva ragione Henri Amiel quando, in Frammenti di un diario intimo, scrive che: "La somma dei dolori possibili per ogni anima è proporzionale al suo grado di perfezione".
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